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AI e lavoro: sostituzione o trasformazione?

1 Giugno 2025 6 min lettura

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AI e lavoro: sostituzione o trasformazione?

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Nuovi lavori

Il dibattito pubblico sull’intelligenza artificiale è spesso caratterizzato da toni allarmistici, con previsioni catastrofiche sull’occupazione. Tuttavia, una analisi più approfondita rivela un fenomeno complesso e sfaccettato, in cui la tecnologia rappresenta non solo una minaccia, ma anche un’opportunità. I modelli di intelligenza artificiale eccellono in compiti come l’ottimizzazione dei dati e la conversazione naturale. Ma non otterrebbero mai lo stesso risultato se non fosse per il lavoro di centinaia di migliaia di persone (data worker) che addestrano i modelli a contestualizzare e verificano se le risposte siano accurate o meno.

L’adozione dell’AI sta generando una domanda crescente di dati di alta qualità per l’addestramento dei modelli. Il mercato globale dell’annotazione dei dati è stimato in crescita da 1,7 miliardi di dollari nel 2024 fino a 7-8 miliardi entro il 2029-2030 (The Business Research; Research and Markets; Globe News Wire). I fattori trainanti sono:

  • L’aumento dell’adozione dell’AI e machine learning, che richiedono grandi volumi di dati etichettati con precisione per addestrare i modelli;
  • L’emergere di soluzioni cloud e piattaforme di annotazione basate su cloud, che facilitano l’accesso e la scalabilità dei servizi di annotazione;
  • L’espansione di settori come IoT, sanità, automotive, retail e finanza, che utilizzano dati annotati per applicazioni specifiche;
  • La crescente necessità di dati di alta qualità per applicazioni di deep learning e intelligenza artificiale avanzata.
  • L’adozione dell’AI non è solo un motore di disoccupazione, ma anche un catalizzatore per la trasformazione del mercato del lavoro. Può far nascere nuove forme di occupazione, alcune delle quali remunerative e accessibili a persone in contesti economici più fragili.

Sempre più aziende impiegano effettivamente centinaia di migliaia di persone in tutto il globo per lavori (task) di:

- Annotazione dei dati (data labeling), fondamentale per l’addestramento di modelli di machine learning, un settore che impiega centinaia di migliaia di persone tramite varie piattaforme;

- AI training e rinforzo umano (RLHF – Reinforcement Learning with Human Feedback), un lavoro di valutazione, correzione o miglioramento delle risposte fornite dall’AI, lavoro più qualificato rispetto a quello di data labeling, quindi con paghe superiori, anche 15-25 dollari l’ora;

- Moderazione e sicurezza dei modelli, necessario per addestrare i modelli a riconoscere i contenuti tossici, la disinformazione, i bias, purtroppo con ovvio rischio psicosociale per i contenuti a cui sono esposti i lavoratori;

- Creazione e verifica di contenuti AI-generated, collaborando con l’AI per garantire qualità, coerenza e rilevanza;

- Prompt engineering e curatori di dataset, professioni emergenti e molto richieste, dove gli stipendi possono arrivare anche intorno ai 100mila dollari l’anno;

- Testing, auditing e fairness, per garantire che i modelli non siano discriminatori, richiede profili eterogenei in termini di cultura, lingua e genere (forma di inclusione lavorativa “globale”, spesso impossibile nei settori industriali tradizionali);

- Formazione e consulenza, la diffusione dell’AI richiede formazione continua: dalle scuole alle aziende, e qui si aprono spazi per docenti, consulenti, esperti di settore.

Sono lavori generalmente da remoto, e quindi offrono un ingresso nel mondo digitale anche a persone di paesi con economie meno sviluppate, oppure ai freelance che altrimenti sarebbero sotto-impiegati o sottopagati. In molti casi 10-20 euro l’ora da casa può cambiare la vita a tante persone.

Precarietà?

Ovviamente ci sono anche i lati negativi.

Esiste un problema di precarietà contrattuale, in quanto spesso tali lavori sono freelance o a progetto. Ma questo è lo stato attuale del mercato del lavoro, la tendenza a una precarizzazione spinta, disegnata da contratti a termine o a chiamata, scarsa protezione sindacale, turni imprevedibili, stipendi stagnanti. I lavori legati all’AI non risolvono questi problemi, ma non ne sono necessariamente la causa, anzi possono offrire flessibilità per chi deve conciliare altri impegni, permettono di entrare in un settore sicuramente in espansione, e insegnano skill digitali che possono essere spese altrove.

C’è sicuramente una dipendenza da piattaforme talvolta opache nei criteri di assegnazione dei lavori. E sicuramente esiste un rischio di sfruttamento, specialmente nei paesi a basso reddito. Alcune di queste aziende sono state criticate per pratiche lavorative discutibili, inclusi bassi salari e mancanza di supporto per i lavoratori. Anche se talvolta questo dipende dall’outsourcing della ricerca dei data worker, che apre a pratiche poco trasparenti.

Inoltre, con l’espansione dell’AI multilingue – a differenza degli algoritmi – il Sud del mondo non è più il destinatario privilegiato dell’outsourcing, perché la lingua diventa una competenza specifica e non facilmente delocalizzabile. Un modello avanzato necessita di annotatori madrelingua, che comprendano le differenze culturali, le sfumature, il tono, le ambiguità linguistiche. Alcune piattaforme, quindi, cercano attivamente annotatori nativi per ogni lingua supportata, cosa che redistribuisce le opportunità anche verso paesi a più alto costo di manodopera. In Europa le normative e le regole sul lavoro impongono soglie salariali e forme contrattuali specifiche. Tuttavia permangono differenze salariali interne, ad esempio un italiano può essere pagato meno di uno svizzero italiano pur svolgendo lo stesso task.

La recente Direttiva europea sul lavoro tramite piattaforme rappresenta un tentativo di garantire maggiori diritti e trasparenza, ma la sua implementazione resta una sfida.

Competenze e accessibilità

A fronte della sparizione di alcuni lavori, emergono quindi altri tipi di lavori, dimostrando che siamo di fronte più a una trasformazione del mercato del lavoro che a una distruzione dello stesso. Molti lavori, inoltre, non spariscono completamente ma si evolvono, pensiamo ai traduttori che ora fanno più post-editing di traduzioni automatizzate, oppure ai designer che lavorano insieme agli strumenti di AI generativa.

Si tratta non di lavori per tutti, ma nemmeno per élite tecniche. Non richiedono lauree in informatica oppure competenze di programmazione avanzata. Spesso si tratta di micro-task o compiti strutturati, come:

  • Valutare se una risposta generata è adeguata, in genere comparando risposte di diverse AI;
  • Categorizzare contenuti (testi, immagini, audio);
  • Trascrivere conversazioni;
  • Correggere output linguistici;
  • Classificare sentimenti o intenzioni;
  • Identificare bias o errori logici.

Sono compiti accessibili a chi possiede un’alfabetizzazione digitale di base, comprensione testuale, spesso una buona comprensione della lingua inglese (le istruzioni in genere sono in inglese, indipendentemente dalla lingua nel quale il task deve essere svolto), capacità di seguire istruzioni dettagliate, attenzione e pazienza, in alcuni casi giudizio critico, etico o culturale. Sono lavori cognitivi a bassa barriera d’ingresso che possono rivelarsi fondamentali per traghettare molti lavoratori verso un’economia digitalizzata, senza richiedere necessariamente lauree specialistiche o anni di formazione.

In molti casi, dopo un breve periodo di formazione autonoma, si può iniziare. Spesso si tratta di superare dei test per poter accedere ai singoli progetti, test superabili seguendo con attenzione le istruzioni fornite. Questo apre le porte a studenti universitari, freelance, persone in transizione di carriera, lavoratori precari in cerca di una seconda entrata, e persino pensionati digitalmente alfabetizzati.

Transizione e opportunità

L’espansione dell’AI sta trasformando il mercato del lavoro, creando nuove opportunità ma anche nuove sfide. Uno studio del Centre for Economic Policy Research (CEPR) stima che tra il 23% e il 29% dell'occupazione totale nei paesi europei si trova in occupazioni altamente esposte all'automazione abilitata dall'AI. Tuttavia, l’introduzione dell’AI non porta a sostituzioni immediate, bensì a processi graduali di trasformazione. Il nodo cruciale riguarda le tempistiche della transizione e la capacità di adattare formazione e politiche attive del lavoro ai cambiamenti in atto.

La transizione può essere un’opportunità solo se accompagnata da interventi strutturali mirati a colmare i gap di competenze e a sostenere i lavoratori più esposti. Ad esempio, si potrebbe facilitare l’accesso ai nuovi ruoli emergenti attraverso percorsi didattici. Occorrono strumenti di regolazione volti a migliorare la trasparenza e rafforzare i diritti dei lavoratori, anche con riferimento a impieghi a distanza. È fondamentale promuovere una formazione inclusiva, che parta dalle competenze digitali di base e si rivolga a un’ampia platea di individui, per permettere di cogliere le opportunità di questi nuovi lavori. Un monitoraggio costante sarà, infine, essenziale per evitare che l’AI diventi strumento di alimentazione delle disuguaglianze già presenti nell’attuale mondo del lavoro.

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In definitiva, governando attivamente questo processo, si può favorire una trasformazione del mercato del lavoro che valorizzi le nuove professioni digitali e distribuisca più ampiamente i benefici dell’innovazione tecnologica.

Tutto ciò richiede una visione politica di lungo respiro, capace di investire nel rafforzamento complessivo del mercato del lavoro, già oggi segnato da precarietà diffusa, contratti instabili, indebolimento della rappresentanza sindacale e stagnazione salariale. In questo senso, il vero nodo non è tanto l’AI, quanto la capacità di affrontare criticamente le fragilità strutturali preesistenti. Troppo spesso, infatti, si tende ad attribuire alle nuove tecnologie le colpe di un sistema che era già in crisi. Ma governare la transizione digitale significa, prima di tutto, avere il coraggio di rimettere mano alle basi stesse su cui quel sistema si regge: con scelte politiche lungimiranti e un impegno collettivo per un cambiamento reale.

Immagine in anteprima: NightCafè AI

2 Commenti
  1. Gianni

    Il bilancio è negativo, non solo a livello numerico ma anche di qualità del lavoro. L'AI uccide o ucciderà tante professioni che erano anche ad alto reddito per sostituirle con delle monkeys da data entry e data check? Monkeys che poi nel tempo le serviranno sempre meno. Il problema è che l'AI evolve troppo velocemente. Ci sono voluti trent'anni (dall'arrivo del 4004 ai primi 2000) perché la prima rivoluzione informatica fosse sostanzialmente completa, e già aveva avuto un certo impatto. Le successive due sono state molto più veloci eppure sembrano nulla rispetto alla AI (e alla robotica avanzata antropomorfa), che mese dopo mese ci stupiscono e stravolgono il campo!!! All'uomo servono anni per apprendere, alla società decenni (quando va bene) per evolvere: chi viene espulso da un settore professionale non riesce a rientrarci. Io sono sempre stato a favore della tecnologia, ma la AI per come sta evolvendo mi spaventa. Tra dieci anni, o venti avremo la AI cognitiva? Forse anche prima. La società sarà pronta a quel cambiamento? Sicuramente no.

  2. Fabio Ciardullo

    Sono un Ingegnere elettronico,ho 60 anni , ho fatto l'imprenditore da quando avevo 30 anni ed ho diretto numerose società, da qualche anno per svariate vicessitudini ho smesso di lavorare, i miei dipendenti erano quasi tutti degli informatici sia programmatori che analisti , io dirigevo il gruppo di sviluppo , ho collaborato nel corso della mia vita lavorativa con aziende enormi ed ho porato avanti centinai di progetti , molti di questi grandissimi , seguo l'evoluzione dell'AI dai primi anni 80 , quando si sono gettate le basi teoriche di quello che sta succedendo, gli ultimi 2 anni mi sono talmente entusiasmato per quello che che ho visto che ho ripreso a lavorare , devo dire che quello che faccio adesso da solo, prima non riuscivo a farlo nenche con 15 dipendenti , si tirano fuori prodotti migliori , molto piu velocemente ed ovviamente ad un prezzo molto piu basso , quindi dal punto di vista della produzione stiamo parlando di qualcosa di eccezionale , dal punto di vista del lavoro sarà un disastro di sicuro nel mio settore , qui serve gente in grado di usare gli LLM, e credetemi serve una competenza non da poco per progetti grandi. In compenso devo dire che i modelli LLM open source daranno una spinta all'economia spaventosa , usciranno dei prodotti mai visti prima che genereranno tantissimo lavoro, bisogna cavalcare il cambiamento reinventarsi è l'unico modo per sopravvire in un mondo che andrà a 2000

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