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Un anno di governo Renzi: il fact checking definitivo passo dopo passo

23 Febbraio 2015 20 min lettura

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Un anno di governo Renzi: il fact checking definitivo passo dopo passo

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18 min lettura

Articolo in partnership con i quotidiani locali del gruppo Espresso
di Angelo RomanoAntonio Scalari, Vincenzo Marino

«I tempi delle riforme non possono più essere considerati una variabile indipendente», così aveva esordito Matteo Renzi, un anno fa, nel discorso di fiducia al Senato. Da qui, l'annuncio di un cronoprogramma che prevedeva una riforma al mese, che Valigia Blu ha seguito con il countdown. Poi il successo alle elezioni europee e il cambio di passo. Dalla frenesia di promesse con brevi scadenze al piano dei mille giorni, da verificare passodopopasso.

A marzo 2014 il governo si presentò agli italiani con le slides della "Svolta Buona". Molte le riforme e gli interventi previsti. Se alcuni provvedimenti, come il “bonus 80 euro”e il rafforzamento del fondo di garanzia per le PMI, sono stati rispettati, altri lo sono stati solo in parte. Per altri ancora, gli obiettivi che il governo si era proposto rimangono lontani, come per il piano per l'edilizia scolastica o lo sblocco dei debiti della Pa.

E poi il grande capitolo delle riforme politiche. Quella costituzionale, come annunciato, dovrebbe porre fine al bicameralismo perfetto e affidare il potere legislativo alla sola Camera. Ma il nuovo senato non sarà più un organo eletto direttamente dai cittadini. La legge elettorale entrerà in vigore solo dal 1 luglio 2016 e non abolirà del tutto il blocco delle preferenze, che rimarrà per i capilista. 

Con la riforma del mercato del lavoro, il Jobs Act, Matteo Renzi dichiarava di volere eliminare per sempre le numerose tipologie contrattuali precarie, ma molte di esse sopravvivono, come il contratto di lavoro interinale e il lavoro a chiamata. Per quanto riguarda la giustizia, alcuni obiettivi sono stati raggiunti, come nel civile (la revisione della distribuzione territoriale dei tribunali) ma poco finora è stato fatto, a dispetto degli annunci, su falso in bilancio, corruzione e prescrizione. Il decreto della delega fiscale, con la norma detta “salva Berlusconi”, era previsto per il 20 febbraio ma poi è stato rimandato «più in là di marzo», con possibili modifiche dopo le polemiche, del mese scorso, sulla norma in questione.

Infine i temi “grandi assenti”, se non per interventi minori o confusi nei numerosi articoli della Legge di Stabilità. Tra tutti, l'Università e la Ricerca, per le quali non si intravedono interventi necessari per rilanciarle. Passando il cursore sulle slide si può controllare a che punto sono le riforme promesse dal governo Renzi.

Il Governo della Svolta Buona?

A un anno di distanza, alcuni dati del dossier di OpenPolis sulla composizione e le attività degli esecutivi Berlusconi, Monti, Letta e Renzi, sembrano indicare altro.

Numero membri governo

Il numero dei membri del governo è superiore a quello dell'esecutivo di Mario Monti ed è in linea con i precedenti. A fronte di un minor numero di ministri, alto è il numero di vice-ministri e sottosegretari.

Interrogato non risponde
Nel dossier OpenPolis si legge: «Interrogato non risponde. Compito del Parlamento è anche quello di vigilare sull’attività del governo, operazione che svolge perlopiù attraverso la presentazione di interrogazioni e interpellanze. Le risposte che riceve però sono bassissime, in totale viene data attenzione solo al 35% dei quesiti, con la percentuale che tocca il punto più basso con il governo Renzi, sotto il 25%».  

Alcuni dati di contesto

Maggio 2014. Renzi, commentando le stime dell’Ocse (+ 0,5): «Le previsioni prudenti saranno smentite». Luglio 2014. IlSole24Ore: «Il governo si prepara a rivedere al ribasso le previsioni di crescita per quest'anno». Agosto 2014. Renzi: «La ripresa è un po' come l'estate: non è arrivata quando volevamo, magari non è bella come volevamo, arriva un po' in ritardo ma arriva.» Dicembre 2014. Istat: «Nel quarto trimestre del 2014 il prodotto interno lordo (PIL)  è diminuito dello 0,3% nei confronti del quarto trimestre del 2013.» Debito Pubblico

Secondo la Banca d’Italia il debito pubblico nel 2014 è aumentato di 66 miliardi: «Al 31 dicembre del 2014 il debito delle Amministrazioni pubbliche è risultato pari a 2.134,9 miliardi. A fine 2013 il debito era pari a 2.068,7 miliardi.». A dicembre, tuttavia, il debito è diminuito di 26 miliardi rispetto a novembre. Produzione industriale

Secondo i dati ISTAT, rispetto al 2013, nell'intero anno 2014, il fatturato dell’industria segna un aumento dello 0,1%, sintesi di una flessione sul mercato interno (-1,2%) e di un incremento su quello estero (+2,9%).

Occupazione

Secondo l’ISTAT il tasso di disoccupazione a dicembre è sceso al 12,9%, - 0,4% rispetto novembre.  Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a dicembre scende al 42%, rispetto al 43% di novembre. Il numero dei  disoccupati è diminuito del 3,2% rispetto al mese di novembre, ma è aumentato rispetto al 2013 (+2,9). I disoccupati sono 3 milioni 322 mila, in calo del 3,2% rispetto al mese precedente (-109 mila) ma sono aumentati del 2,9% in un anno (+95 mila).

Riforme costituzionali e nuova legge elettorale

Riforma del Senato

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A che punto siamo: Approvata in prima lettura al Senato. In attesa di approvazione, con modifiche, alla Camera, prevista per i primi di marzo, e del secondo passaggio nei due rami del Parlamento.

Cosa prevede: Fine del bicameralismo perfetto. Il potere legislativo spetterà alla sola Camera dei Deputati. Il Senato avrà funzione di raccordo tra lo Stato e Regioni e Comuni e conserverà potere di voto solo per riforme costituzionali, leggi elettorali degli enti locali, referendum popolari, trattati con l’Unione Europea e temi eticamente sensibili. Sulla legge di bilancio l’ultima parola spetterà alla Camera, che potrà decidere di non tenere conto di eventuali modifiche proposte dal Senato.

Il nuovo Senato: Sarà composto da 100 senatori (e non più 315), 5 nominati dal Presidente della Repubblica (per 7 anni non rinnovabili), 95 scelti dai Consigli Regionali (74 consiglieri regionali e 21 sindaci), ripartiti per peso demografico, e pertanto non più eletti direttamente dai cittadini. La durata del mandato coinciderà con quello delle rispettive istituzioni territoriali. I senatori non riceveranno alcuna indennità (si prevede un risparmio di 50 milioni l’anno) e avranno le stesse tutele dei deputati (immunità).

Situazioni straordinarie: Il Presidente dalla Repubblica può sciogliere la Camera, non più il Senato; Capo dello Stato supplente sarà il Presidente della Camera, non più quello del Senato; il Parlamento in seduta comune è presieduto dal Presidente del Senato, non da quello della Camera.

Elezione del Presidente della Repubblica: il Presidente della Repubblica viene eletto da deputati e senatori in seduta comune (730 grandi elettori). Nei primi tre scrutini saranno necessari i 2/3 dei voti; dal quarto al sesto, i 3/5; dal settimo scrutinio in poi la maggioranza assoluta.

Riorganizzazione delle competenze Stato-Regioni-Enti Locali

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Riforma del Titolo V

A che punto siamo: La rivisitazione del Titolo V della Costituzione è parte della riforma Costituzionale.

Cosa prevede: una nuova ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni in tema di energia, infrastrutture e trasporti (art. 117), la scomparsa delle Province (art. 114), che cedono le loro funzioni a Comuni e Regioni. L’efficienza organizzativa viene accompagnata da misure di riduzione della spesa pubblica (abolizione dei finanziamenti e dei rimborsi pubblici dei gruppi politici nei consigli regionali; tagli dei compensi dei consiglieri regionali, equiparati a quelli del sindaco del comune capoluogo di Regione; introduzione di costi standard nazionali per le forniture pubbliche) e di accertamento delle responsabilità (autonomia degli enti locali concesse a condizione che non comportino perdite di bilancio per lo Stato; decadimento delle funzioni di governo di Regioni o enti locali per chi è responsabile di dissesto finanziario dell’Ente amministrato).

Abolizione delle Province

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A che punto siamo: La legge 56/2014 (o Legge Delrio) è stata approvata definitivamente alla Camera il 3 aprile 2014.

Cosa prevede: La legge prevede l’istituzione dall’1 gennaio di dieci città metropolitane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria e Roma, che nella legge ha un capitolo a parte, in quanto capitale), il cui territorio coinciderà con quello della provincia omonima. In attesa della loro cancellazione, prevista dalla riforma del Titolo V della Costituzione, le province (enti di area vasta) rimangono, passando da 107 a 97. Ad esse restano alcune funzioni come ad esempio la pianificazione territoriale e dei servizi di trasporto del proprio territorio e la gestione dell’edilizia scolastica. Presidente e consiglieri provinciali non sono più eletti dai cittadini ma sono scelti dai consiglieri comunali degli enti di quel territorio.

Le Province, dunque, restano? No. Ancora sì. Forse no.
Oltre alle forti perplessità circa l’efficacia della riforma, ad oggi ci si trova in una situazione di schizofrenia normativa, provocata dai ritardi conosciuti dall’iter della legge Delrio e dagli effetti immediati della Legge di Stabilità 2015. Che cosa è successo? Il decreto attuativo della Legge Delrio prevedeva che ogni regione approvasse entro il 31 dicembre 2014 una legge di ridefinizione delle funzioni delle vecchie Province. Secondo il dossier dell’UPI (Unione delle Province Italiane) del 15 gennaio 2015, nessuna regione ha approvato il piano di riordino entro la data prestabilita. Nel frattempo, però, l’approvazione della Legge di Stabilità ha reso immediatamente effettivi tagli di risorse alle Province, già previste dalla legge Delrio al termine del suo iter.

Risultato? Per quanto l’informativa del Governo dello scorso 8 agosto ci dica che le province sono scomparse dalla Costituzione, senza la riforma del Titolo V esse continuano ad esistere e a esercitare le proprie funzioni, facendo fronte ai tagli imposti dalla legge di Stabilità 2015, che impone a Province e Città metropolitane un taglio di 1 miliardo per il 2015, 2 miliardi per il 2016 e 3 miliardi per il 2017: un sacrificio, che secondo l'Upi, renderà impossibile garantire i servizi essenziali ai cittadini in capo alle Province e alle Città metropolitane.

Legge elettorale 

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A che punto siamo: Approvata alla Camera e al Senato, è in attesa di approvazione definitiva alla Camera. La legge entrerà in vigore a partire dall’1 luglio 2016

Cosa prevede: La legge elettorale varrà solo per la Camera nel caso in cui passasse in via definitiva la legge di riforma del Senato, non più direttamente elettivo.

Premio di maggioranza: Non si parla più di coalizioni, ma di liste. La lista che supera il 40% dei voti ottiene un premio di maggioranza pari a 340 seggi (su 630). La lista non coincide con il partito, una lista può prevedere al suo interno candidati di diversi partiti che si aggregano in una lista comune. Se nessuna lista raggiunge il 40% dei voti al primo turno, le prime due liste vanno al ballottaggio. La lista che prende un voto in più dell’altra ottiene il premio di maggioranza.

Soglia di sbarramento: Per poter accedere alla Camera è prevista una soglia di sbarramento del 3% (Nella versione iniziale, vi erano tre distinte soglie di sbarramento: 12% per le coalizioni, 8% per i partiti non coalizzati, 4% per i partiti coalizzati).

Preferenze e capilista: Saranno costituiti 100 collegi plurinominali. I partiti che otterranno i voti necessari eleggeranno automaticamente il loro capolista, deciso dal partito. A partire dal secondo eletto varranno i voti di preferenza: sarà possibile segnare due nomi sulla scheda elettorale, un uomo e una donna.

Candidature plurime: A differenza degli altri candidati, i capilista possono candidarsi contemporaneamente in dieci collegi.

Lavoro

A che punto siamo: A marzo 2014, il Governo si proponeva di ridurre le forme contrattuali a termine (co.co.pro, lavoro interinale, tempo determinato), individuare fondi per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e incentivare le imprese ad assumere.

Due sono stati gli interventi del Governo: riforma generale del mercato del lavoro (Jobs Act) per semplificare le regole di assunzione e introdurre regole prevedibili per i licenziamenti; sussidi di disoccupazione, per aumentare la copertura per un più ampio range di beneficiari. Entrambi gli interventi sono stati approvati dal Senato il 3 dicembre 2014.

Cosa è successo? Permangono i dubbi sull’efficacia del Jobs Act rispetto alla precarizzazione delle forme contrattuali. A fronte della modifica dell’articolo 18, restano lavoro interinale, lavoro a chiamata, tempo determinato a 36 mesi rinnovabile 5 volte.

Garanzia Giovani:

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A causa di ritardi nell’attuazione del piano da parte degli enti locali e l’assenza di una struttura di coordinamento, la misura si è rivelata fino ad ora un flop. Solo una piccola parte ha tratto reale beneficio dalla Youth Guarantee. Nel rapporto inviato da Adapt al vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen, si legge che solo il 3% ha ricevuto una qualche forma di risposta in termini di lavoro o di stage.

Assegno universale di disoccupazione:

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Per quanto riguarda l’assegno universale disoccupazione, il Governo ha istituito il Naspi (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego): l'assegno di disoccupazione universale partirà a maggio 2015 e sarà corrisposto al massimo per 2 anni (6 mesi per i precari).

Tutela per le donne: Il Jobs Act indica alcune linee su cui il Governo intende muoversi: l’estensione della indennità di maternità a tutte le categorie di donne lavoratrici; la garanzia, per le lavoratrici madri parasubordinate, del diritto alla prestazione assistenziale anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro; l’incentivazione di accordi collettivi per promuovere flessibilità di orario; l’integrazione dell’offerta di servizi per l’infanzia forniti dalle aziende nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona. Nel decreto attuativo presentato il 20 febbraio il governo ha dato delle iniziali indicazioni sul tema della conciliazione casa/lavoro.

Fondo per le imprese sociali:

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Lo scorso 6 agosto il ministro del Lavoro Poletti ha presentato la legge delega per la riforma del Terzo Settore. Durante la conferenza stampa è stato chiarito che il fondo per le imprese sociali sarà di 50 milioni di euro (dai 500 milioni iniziali promessi da Matteo Renzi). Il testo deve essere votato in Parlamento. Una volta entrata in vigore, il governo ha promesso 12 mesi di tempo per adottare i decreti legislativi.

Spending Review e legge di stabilità

A che punto siamo: La spending review non è il documento tecnico presentato dal commissario straordinario Cottarelli, ma il piano di tagli che dovranno essere decisi dal governo (come precisato da Renzi stesso). A ottobre, la Ragioneria di Stato ha approvato la Legge di Stabilità varata dal governo e che prevede una riduzione complessiva delle spese dello Stato per un valore di 6,1 miliardi di euro, dei quali la maggior parte dovrà arrivare dai ministeri. I tagli riguarderanno in modo particolare la Difesa che dovrebbe contribuire con un risparmio di 504 milioni. La sforbiciata interesserà inoltre 43 enti e organismi pubblici per una riduzione totale delle spese di circa 22 milioni di euro.

All’interno della Legge di Stabilità il governo ha previsto una clausola di salvaguardia. Introdotta per la prima volta nella manovra di luglio del 2011 (Dl 98) e più volte modificata negli ultimi mesi, la clausola di salvaguardia è la norma che prevedeva l'aumento automatico dell'Iva nel caso non fossero stati recuperati 6,5 miliardi l'anno con il riordino dei bonus fiscali e assistenziali.

Ai commi 3 e 4 dell’articolo 45 della Legge di Stabilità c’è scritto che, in mancanza di nuove e future misure per ridurre la spesa pubblica o aumentare il gettito fiscale, il governo ha già pronte tasse aggiuntive dal 1° gennaio 2016. Nello specifico, aumenterà innanzitutto l’Iva. Dal 2016 l’Iva sui beni essenziali, come carne e uova, passerà dal 10% al 12%, poi al 13% nel 2018; l’aliquota generale, quella applicata a vestiti, elettrodomestici e tutto il resto, passerà dal 22% al 24% nel 2016, al 25% nel 2017 e addirittura al 25,5% nel 2018.

Giustizia

A che punto siamo: DDL approvato l’1 settembre 2014. Il testo del DL di Riforma della Giustizia Civile è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 settembre 2014.

«Addio ai tribunali pieni di scartoffie». Il 30 giugno 2014, Renzi annunciava la riforma della giustizia in 12 punti puntando su alcuni temi caldi: riduzione della durata dei processi, dimezzamento dell’arretrato della giustizia civile, riforma della prescrizione, riorganizzazione della distribuzione territoriale dei tribunali. Nel pacchetto giustizia, il presidente del Consiglio prometteva anche norme su falso in bilancio e antiriciclaggio, sulle intercettazioni e sulla responsabilità civile dei magistrati.

Su passodopopasso viene posta enfasi su quegli interventi che rendono, secondo il governo, più efficiente la macchina giudiziaria: razionalizzazione della spesa, obbligatorietà del processo civile telematico, sblocco dei processi arretrati, diminuzione delle cause pendenti ottenuta anche attraverso la riduzione della chiusura estiva dei tribunali.

Che cosa è successo? Nell’ambito della Giustizia Civile alcuni obiettivi sono stati raggiunti: revisione della distribuzione territoriale dei tribunali (eliminati 31 tribunali e una centinaia di sedi distaccata in via di ciusura); in via di rodaggio l’informatizzazione del processo telematico.

Sulla punibilità dei reati è stato approvato uno schema di decreto delegato che riveda il sistema delle sanzioni, attuando lo svuotacarceri approvato nei mesi scorsi. È stata abbozzata una proposta di riforma che porti a una «più rapida definizione, con decreto di archiviazione o con sentenza di assoluzione, dei procedimenti iniziati nei confronti di soggetti che abbiano commesso fatti di penale rilievo caratterizzati da una complessiva tenuità del fatto, evitando l’avvio di giudizi complessi e dispendiosi laddove la sanzione penale non risulti necessaria».

Poco è stato fatto su falso in bilancio e prescrizione, ancora ai primi passaggi parlamentari. Il taglio delle ferie ai magistrati, deciso con  un decreto governativo, convertito dal Parlamento, è diventato legge e uno dei simboli della rinnovata efficienza della Giustizia. La norma ha suscitato le perplessità dei magistrati: «Ma soprattutto è falso dire che la riforma delle ferie renderà la giustizia più rapida, perché ci vorrebbe ben altro», ha dichiarato Caselli in un’intervista a laRepubblica.

Misure fiscali e per la crescita

Marzo 2014: «Più garanzie per i crediti alle PMI, rafforzare il fondo di garanzia per il credito».

A gennaio 2015 il Fondo di Garanzia per le PMI viene aperto a nuovi intermediari diversi dagli istituti di credito. Ora potranno concedere finanziamenti alle imprese anche le assicurazioni e i fondi di credito, con la garanzia dello Stato.

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Marzo 2014: «Dal 1 maggio, Irap, meno 10% alle aziende. Rimodulazione della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20% al 26%».

A luglio l'aliquota sui redditi di natura finanziaria passa dal 20 al 26%. Lo sconto sull'IRAP sul costo del lavoro dipendente viene introdotto solo con Legge di Stabilità 2015 di ottobre, parzialmente neutralizzato dall’annullamento del taglio delle aliquote IRAP introdotto solo pochi mesi prima, che torneranno dal 3,5% al 3,9%, ai livelli del 2013, e con effetto retroattivo per il 2014 (in deroga allo Statuto del contribuente). A copertura del taglio, ora annullato, era stato predisposto l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20% al 26% (che invece rimane).

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Marzo 2014: «Dall’1 maggio, meno 10% sul costo dell'energia per le imprese».
Il Governo a giugno annuncia il taglio del 10% il costo dell’energia elettrica alle piccole e medie imprese. Il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi firma il provvedimento di attuazione del taglio solo a ottobre. A febbraio 2015 il Ministero dello Sviluppo Economico annuncia che «con il “taglia bollette” e le altre agevolazioni le Pmi spenderanno 1,7 miliardi in meno». La riduzione finale sarà compresa tra l’8,5% e il 10%.

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Bonus Irpef di 80 euro. Con la Legge di stabilità 2015 diventa permanente.

Marzo 2014: «Una casa per tutti. Sblocco del piano casa».

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Il Governo annuncia che «entro metà marzo sarà pronto un provvedimento per un piano casa da circa 400 milioni di euro».

Pubblica Amministrazione

Sblocco pagamenti debiti Pubblica Amministrazione

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Marzo 2014: «Sblocco immediato e totale pagamento debiti PA, 68 miliardi entro luglio».

Matteo Renzi, a Porta a Porta, promette di pagare tutti i debiti della Pubblica Amministrazione entro il 21 settembre. A Febbraio 2015, il Ministero dell'Economia annuncia che i pagamenti effettuati ai creditori ammontano a 36,5 miliardi. Secondo ImpresaLavoro si tratterebbe di meno della metà di quanto dovuto dalla Pubblica Amministrazione ai creditori.

Riforma della Pubblica Amministrazione
Il premier aveva fissato la scadenza per la riforma Pa a fine aprile 2014, per poi rimandarla a giugno. A febbraio 2015, il disegno di legge delega sulla riforma è ancora all'esame della commissione Affari Costituzionali del Senato.

Per quanto abbia fatto della trasparenza e dell'accountability i vessilli di diverse sue riforme, il governo nulla ha fatto a proposito del Freedom of Information Act. Nei mesi scorsi, oltre trenta associazioni riunite sotto il cappello di #FOIA4Italy hanno avviato un percorso collaborativo di scrittura di una proposta di legge, aperta ai contributi di tutti. Il testo del FOIA4Italy è stato presentato nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati a tutti i parlamentari che avevano segnalato il proprio interesse in merito, chiedendo una legge più evoluta possibile.

Scuola

Due sono gli interventi del Governo in materia di scuola: la “buona scuola”, volta a una riorganizzazione dell’intero sistema-scuola e il piano straordinario di edilizia scolastica.

La buona scuola
A che punto siamo: Conclusione dell’iter previsto per gli inizi 2015. Alla riapertura delle scuole dopo le vacanze natalizie, Renzi ha dichiarato che il Decreto Legge sarà pronto entro il 28 febbraio.

Cosa prevede? La Buona Scuola è una riforma di sistema, con l’obiettivo di snellire le procedure di funzionamento della macchina scolastica, aprire le scuole al territorio, far dialogare formazione e lavoro. Le parole chiave sono ancora: trasparenza, velocità, apertura, innovazione, digitalizzazione, valutazione e merito.

Punti centrali sono la stabilizzazione dei precari, la definizione per ogni istituto di un organico funzionale al quale attingere per poter avere all’inizio dell’anno scolastico certezza dei docenti a disposizione, la ridefinizione dei criteri delle carriere dei docenti, in base a formazione iniziale e in itinere.

Ci sono forti perplessità sulle risorse che la riforma richiede. Dopo la Legge di Stabilità 2015, c’è il rischio che i tagli siano superiori agli investimenti e che i fondi vadano trovati all’interno del Ministero.

Rispetto alla composizione degli organici funzionali c’è il rischio di uno squilibrio tra domanda (fabbisogno di docenti) e offerta (competenze didattico-disciplinari degli iscritti alle Gae), per aree di insegnamento (ad es. per matematica nelle medie non vi sono abbastanza docenti anche attingendo a piene mani dalle Gae, in altre materie vi è invece una sovrabbondanza di offerta) e per territorio (l’evoluzione della popolazione studentesca farà aumentare le cattedre al Centro-Nord e diminuire quelle al Sud, ma gli iscritti alle Gae sono in maggioranza residenti nelle regioni meridionali).

Restano opacità sulla valutazione. La proposta è quella di abolire gli scatti di anzianità, premiando invece ogni tre anni i due terzi dei docenti di ogni scuola identificati come «migliori»: chi e come decide?

Piano straordinario per l'edilizia scolastica

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A che punto siamo: La scadenza è prevista per fine 2015. A maggio il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, aveva detto che per questo piano lo stanziamento complessivo sarebbe arrivato a 3,5 miliardi. Il programma viene presentato dal governo il 4 luglio scorso. I fondi stanziati finora sono di 1.094.000.000 di euro per il progetto che prevede tre capitoli: #scuolebelle, #scuolesicure, #scuolenuove.

Secondo il Governo:

#scuolesicure: 500 cantieri avviati e conclusi con 150 milioni di euro di spesa. Entro il 28 febbraio 2015: 1600 interventi con ulteriori 400 milioni di euro già stanziati; entro il 2015 chiusura dei cantieri con i 640 milioni di euro previsti dai programmi FESR per l’istruzione, risparmio energetico, sicurezza e accessibilità per tutti.

#scuolenuove: 200 interventi di riqualificazione conclusi a fine 2014. 250 cantieri in corso con i fondi sbloccati dal patto di stabilità. Altri 100 milioni previsti dalla Legge di Stabilità per il 2015/2016.

#scuolebelle: 150 milioni per interventi di piccola manutenzione nel 2014. Altri 130 milioni per il primo semestre 2015. Ulteriori 150 milioni nel secondo semestre per intervenire su oltre 10mila istituti.

È così?

#scuolenuove: le richieste arrivate al governo dai sindaci sono state 454 con l'allentamento del patto di stabilità per un importo di 244 milioni. I lavori conclusi però sono solo 129. Ce ne sono 219 in corso, altri 34 pronti a partire e 72 in fase di progettazione o di appalto. La maggior parte delle risorse - come spiegano dal governo Renzi - sono state spese per i lavori di riqualificazione (circa un quarto dell'importo totale), la seconda voce più alta sul fronte spese è quella della progettazione che vale il 22,5 per cento dei finanziamenti.

#scuolebelle: gli ultimi dati per questi interventi fanno riferimento alla fine di ottobre e sono stati pubblicati a metà novembre. Sul sito del Miur è riportato l'andamento dei cantieri per un importo complessivo (nel 2014) di 150 milioni di euro. Tra l'estate e la fine di settembre si sono conclusi i lavori in 1013 scuole. Altri 4524 sono partiti a ottobre e si sono protratti almeno fino a novembre. Ce ne sono poi 2160 con data di inizio prevista fra novembre e dicembre. L'effettivo svolgimento è ancora da verificare. Il totale è di 7697 cantieri.

#scuolesicure: L'ultimo aggiornamento è dell'11 dicembre 2014. I lavori già conclusi sono 369, ce ne sono poi 195 in corso e 95 da iniziare. Ma in fase di progettazione ci sono 1600 cantieri con un finanziamento di 400 milioni stanziati a giugno con delibera Cipe proprio per quei progetti rimasti esclusi dalla graduatoria iniziale, una graduatoria da 150 milioni di euro per 680 interventi tutti di messa in sicurezza.

Università e ricerca

A luglio 2014 il ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Stefania Giannini proponeva un piano per assumere 6 mila ricercatori ogni anno, per i prossimi 4 anni.

A novembre l’Associazione dei dottorandi e dei dottori di ricerca italiani denuncia la presenza, nella Legge di Stabilità 2015, di una norma che, se approvata, aggraverebbe la condizione di precarietà dei ricercatori universitari, grazie anche a un taglio del FFO (il Fondo di finanziamento ordinario delle università). Dopo l'intervento del presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, nella discussione finale sulla Legge di stabilità, la norma viene corretta.

Risorse per l'Università

Nella Legge di stabilità 2015 Il FFO viene aumentato di 150 milioni ma solo per quanto riguarda la quota premiale. Peraltro, questo aumento compensa solo in parte il “taglio Tremonti” di 170 milioni di euro, portando il taglio netto a 20 milioni di euro. A questo vanno aggiunti gli effetti di alcune misure di spending review applicate anche all'Università. Secondo Roars: «dopo il 2015 e il 2016, in cui tagli e rifinanziamenti, grosso modo, si compensano a vicenda, ricomincia l’erosione dei tagli. Complessivamente, il minor finanziamento da qui al 2023 ammonterebbe a quasi un miliardo e mezzo di Euro».

Ricerca

Con la Legge di stabilità, il FOE (Fondo ordinario per gli enti di ricerca) subisce dal 2015 un taglio di 42 milioni. La Legge stanzia 10 milioni l'anno, dal 2015 al 2017 per Istituto nazionale di astrofisica e 30 milioni l'anno (dal 2015 al 2017) per l'Agenzia spaziale italiana. Il bilancio dell'Enea viene tagliato di 4 milioni.

Ambiente e territorio

Tutela del territorio

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Marzo 2014: «Dal 1 aprile, 1,5 miliardi per la tutela del territorio»

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A fine gennaio il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti afferma che per affrontare il dissesto idrogeologico il Governo ha speso finora 700 milioni di euro e annuncia uno stanziamento di 7 miliardi in 7 anni.

Consumo di suolo

A fine novembre l'ex ministro delle Politiche Agricole Mario Catania, insieme a diverse associazioni, denuncia la presenza di un emendamento nella legge di Stabilità che proroga, anche per il 2015, la possibilità per i comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per coprire la spesa corrente, rischiando così di incentivare il processo di cementificazione e di consumo di suolo che, secondo l'Ispra, prosegue in Italia al ritmo, in media, di 70 ettari al giorno.

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